Per me Venezia è la città dell’incanto, perché ha risposto sempre a dei momenti simbolici della mia vita.
Era novembre, pioveva. Ricordo che ero molto giovane e girovagavo per le calli insieme ad un fidanzato. Eravamo tutti e due elegantissimi ed io mi guardavo come dal di fuori e mi vedevo magica: è stato in quel momento che ho cominciato a pensare che Venezia fosse la città in cui succedevano delle cose magiche per me.
Ho tanto desiderato che il mio primo figlio, che ha lo stesso nome che aveva mio padre, Marco, potesse essere battezzato a San Marco. Pensavo fosse una cosa impossibile e invece ci è stato concesso. Magicamente.
L’unica casa che possiedo è a Venezia. Mai avrei pensato di mettere una radice nella città più fluttuante del mondo. Non ci vado quasi mai in quella casa, ma è lì, è una realtà magica.
Venezia è anche la città delle mie fughe improvvise, quando ho bisogno di ricollegarmi con la vita. Una volta, addirittura, per avvolgermi di un alone di mistero, al concierge di un albergo ho detto di essere una scrittrice e di aver bisogno di un posto dove stare almeno una settimana per potermi concentrare sul mio nuovo romanzo. In realtà avevo solo bisogno di ricollegarmi con me stessa e di dilatare il mio tempo. Perché a Venezia il tempo prende la forma che tu desideri dargli. E anche questo è magico.
Poi c’è stato l’incontro con Gloria. Durante una delle nostre sfilate della Moda Liberata, abbiamo fatto tappa al Metropole lungo il percorso che stavamo facendo e quando siamo entrate lì dentro è successa una piccola magia, perché improvvisamente tutto funzionava. Tutto era perfetto, tutto era nel posto giusto.
Gloria ed io ci siamo piaciute istantaneamente. Siamo molto simili: capelli rossi e un’attitudine del corpo che ci accomuna; un modo di vestire che mescola oriente e occidente; il gusto per un certo tipo di alberghi, un certo tipo di estetica.
E poi io mi sono innamorata del Metropole, di ogni suo dettaglio. Come dimenticare l’incontro con Marta Marzotto che aveva fatto del Metropole la sua seconda casa? L’ho conosciuta nella sua suite, la famosa “camera degli angeli”. Lei, distesa sul letto a baldacchino, che piluccava acini d’uva da un vassoio traboccante di frutta. La donna più a suo agio che io abbia mai conosciuto. Un incontro che non dimenticherò mai.
Da lì il rapporto con Gloria ha cominciato a diventare un po’ più profondo tanto che mi ha offerto di ridisegnare il ristorante e soprattutto quella che è diventata la famosa Rose Room di Raptus&Rose. È stato un progetto molto impegnativo, e proprio per questo molto bello, una di quelle sfide che piacciono a me. Lei mi ha dato carta bianca. E così sono nate le sedie di velluto in 20 colori, i divani ricoperti dei più bei broccati indiani, rigorosamente rosa, le pareti ridipinte da un artista che riproduceva vecchie tappezzerie scrostate; il recupero del lampadario di vetro di Murano, stupendo. La Rose Room è diventata un cuore pulsante a metà strada tra l’India e il Marocco.
Venezia è uno di quei luoghi che conosci profondamente anche senza conoscerli. Io Venezia la sperimento attraverso i dettagli. Se un giorno voglio solo camminare e mangiare le migliori polpette, faccio solo quello. Giornata polpette. Oppure giornata solo acqua: salgo in barca e giro per i canali. Il che non significa non conoscere e amare il Guggenheim o la Fondazione Fortuny. È solo che per me Venezia è una città di dettagli preziosi e magici, non una città da turista.
Dopo gli Studi al Liceo Artistico e Istituto Marangoni di Milano, conosce Romeo Gigli, di cui diventa il braccio destro per circa 10 anni, nel momento della sua piena ascesa.
In quegli anni, inizia a disegnare costumi per il teatro e nel 1991 apre una società di consulenze stilistiche. Nel 1999 inizia a lavorare per Maliparmi come Direttore Creativo, dove rimane per 13 anni.
Nel 2013 fonda Raptus & Rose che non è solo un Atelier di piccole Edizioni Limitate, abiti su misura e pezzi unici prevalentemente cuciti a mano con un'altissima qualità sartoriale, ma un vero progetto che prende il nome di Moda Liberata. Moda Liberata significa ricercare tessuti in giro per il mondo, vestire tutte le donne, di tutte le taglie e di tutte le età, celebrandone la diversità come valore assoluto. Gli eventi e le sfilate non sono fatti nei luoghi convenzionali del Fashion System ma per strada, nelle piazze, nei teatri e ovunque ci sia bellezza, con modelle che sono donne normali ed uniche nelle loro differenze. Le sfilate in collaborazione con l'Associazione Oncologica San Bassiano sono manifesto di questa forza.